COME NEL VECCHIO WEST: VISITA GUIDATA ALLE MINIERE D’ORO ROMANE DELLA BESSA E AL SANTUARIO DI OROPA – DOMENICA 22 MAGGIO

Il Museo Archeologico Lomellino organizza un viaggio dedicato al tema della ricerca dell’oro nell’Italia settentrionale, alla scoperta della più grande miniera romana, nel Parco naturale della Bessa, oltre che al suggestivo Santuario di Oropa, il più ampio dell’arco alpino. Sarà un po’ nel vecchio West, con i cercatori d’oro. L’appuntamento è per domenica 22 maggio.

DOMENICA 22 MAGGIO

COME NEL VECCHIO WEST CON I CERCATORI D’ORO.

VIAGGIO CULTURALE ALLA SCOPERTA DELLE MINIERE D’ORO, DELLA RISERVA NATURALE E DEL MUSEO DELL’ORO DELLA BESSA E DEL SANTUARIO DI OROPA (Biella)

Riserva naturale, miniere romane e Museo dell’Oro e della Bessa – Vermogno, Zubiena (Biella)

Al centro della Riserva Naturale Speciale della Bessa, sulla morena della Serra, si trovano le grandi aurifodine di età romana attive tra il II e il I secolo a.C.: un paesaggio artificiale dominato da enormi cumuli di ciottoli accatastati per selezionare il materiale ricco di oro alluvionale. L’Ecomuseo dell’Oro e della Bessa raccoglie e documenta le tecniche manuali impiegate nei secoli per la ricerca aurifera, accompagnando i visitatori nelle escursioni archeologiche e alla ricerca del prezioso metallo lungo il torrente Elvo.

La ricerca aurifera nell’Italia del nord, nata alcuni secoli prima di Cristo, si è protratta ininterrottamente fino ai giorni nostri. A partire dal secondo dopoguerra l’attività, non più remunerativa, andava però scomparendo. Dal 1985 un gruppo di appassionati biellesi ha iniziato a raccogliere strumenti, testimonianze e tecniche, organizzandosi poi nell’Associazione Biellese Cercatori d’oro. Questa, insieme all’Associazione per l’Ecomuseo Valle Elvo e Serra, ha dato vita ad una cellula museale a Vermogno, frazione del comune di Zubiena (in provincia di Biella) ai margini del parco naturale della Bessa, la più grande miniera d’oro di epoca romana mai esistita.

Il museo presenta le testimonianze di duemila anni di ininterrotta ricerca dell’oro nel Biellese e nell’Italia del Nord. Vengono presentate le formazioni geologiche della Bessa e dell’oro, chiarendo la differenza tra oro nativo, in forma tridimensionale e legato al quarzo, e oro alluvionale, a forma di pagliuzza. Vi si possono osservare anche le tecniche e gli strumenti originari per la ricerca aurifera, suddivisi secondo le aree di appartenenza: i cupun dell’Elvo, le gave dell’Orco, le trulle del Ticino, i banconi dell’Adda, piatti e scalette di diverse forme.

Nella sezione storica, vengono illustrati i ritrovamenti, le tecniche di estrazione e i principali siti archeologici della Bessa. Il percorso continua attraverso il Medioevo e il Rinascimento, quando gli imperatori concedevano lo sfruttamento dei fiumi a vescovi e nobili locali. Segue un centinaio di campionature aurifere estratte dai fiumi della pianura padana, oltre ad ambientazioni relative alle miniere d’oro nativo del Monte Rosa, alla macinazione e amalgama del minerale estratto e alla realizzazione degli attrezzi in legno per la ricerca sul torrente.

 

La Miniera d’ oro romana della Bessa

La Riserva Naturale Speciale della Bessa, istituita nel 1985, è situata nel Piemonte settentrionale allo sbocco della Valle d’ Aosta e alla base delle pendici meridionali delle Alpi Biellesi, in provincia di Biella. Estesa per 7.5 kmq è delimitata a Nord dai resti di una morena del Pleistocene Inf. e dalle alluvioni quaternarie del torrente Elvo, a Sud da una seconda morena della stessa fase glaciale e dalla valle del torrente Olobbia. L’area della miniera, le cui evidenze archeologiche sono databili al II/I secolo a.C. con tracce di frequentazioni anteriori rappresentate in gran parte da massi erratici con incisioni rupestri, è costituita da 2 terrazzi di origine fluvioglaciale ricoperti, nel Terrazzo Superiore da cumuli di ciottoli ed in quello Inferiore da sabbie e ghiaie, residui del lavaggio per l’estrazione del metallo.

Il giacimento aurifero della Bessa si formò per erosione e risedimentazione, da parte di corsi d’acqua, dei depositi morenici ricchi di oro trasportati dall’espansione dei ghiacciai valdostani avvenuta a partire da 1 milione di anni fa; contemporaneamente furono liberati dai detriti i grandi massi erratici che ora costellano a centinaia il territorio del parco. La presenza su molti di questi massi di incisioni rupestri prevalentemente a forma di coppella attesta una intensa frequentazione protostorica dell’area, a partire dal V/IV sec. a.C.. Dopo sanguinose battaglie l’oro della Bessa cadde, tra il 143 ed il 140 a.C., nelle mani delle legioni romane di Appio Claudio e l’estrazione fu affidata ai pubblicani, gli imprenditori dell’epoca, che impiegarono nei lavori fino a 5000 uomini contemporaneamente. Non è nota la durata del periodo di sfruttamento sappiamo però dallo storico Strabone che, alla fine del I secolo a.C., le miniere erano già state abbandonate (o più probabilmente esaurite) e l’oro di Roma proveniva ormai in massima parte dalla Spagna. La superficie totale interessata dai lavori minerari doveva occupare in origine circa 12 kmq.  La Bessa è considerata la più importante miniera d’oro di età Repubblicana. Vari itinerari permettono di percorrere parte della Riserva Naturale (vedi: Itinerari). L’interesse archeologico è focalizzato nel recentemente restaurato insediamento del cosiddetto “castelliere”, nelle incisioni rupestri fra boschi e cumuli di ciottoli, il piccolo e soleggiato “masso degli allineamenti” e l’imponente e fosco “Roch Malegn”, resti di “villaggi” abbandonati da oltre venti secoli.

LA STORIA

I primi riferimenti storici risalgono a Strabone (64/63 a.C. – 21 d.C.) ed a Plinio il Vecchio (23 d.C.-79 d.C.) i quali parlano delle “aurifodinae”, cioè delle miniere d’oro che i Romani coltivavano tempo addietro nell’Agro Vercellese, presso un popolo chiamato “ictimulo”. I reperti archeologici sembrano confermare che lo sfruttamento aurifero si svolse per circa un secolo tra la fine del II ed il I secolo a.C. In questo immenso lavoro vennero impegnati contemporaneamente migliaia di uomini. L’esaurirsi del giacimento e I’apertura di nuove miniere, che i Romani avevano scoperto nei paesi transalpini, determinò la fine del periodo aureo della Bessa.

L’ASPETTO NATURALISTICO

Le caratteristiche della Bessa ne fanno un territorio del tutto particolare dal punto di vista geologico, floristico e faunistico. Il grande ghiacciaio balteo, proveniente dalla Valle d’Aosta, che nel periodo Quaternario ha originato la morena della Serra, di cui la Bessa fa parte, ha trasportato sin qui un vero campionario di rocce, tra le quali, ovviamente, le pagliuzze d’oro, provenienti dalle Alpi Pennine. Si trovano rocce granitiche, gneiss, micascisti, eclogiti e dioriti, che i cumuli evidenziano quasi fosse una mostra campionaria.
L’accumularsi alla base delle pietraie di materiale fine ed organico ha dato origine ad una progressiva colonizzazione vegetale. Prima compaiono i licheni ed i muschi, poi le felci, le eriche ed altri arbusti. Tra le specie arboree, predominano le querce, ma non mancano ciliegi, betulle, frassini, robinie, castagni e noccioli. A primavera, forse la stagione ideale per una visita alla Bessa, la fioritura dei ciliegi si accompagna al profumo dei pruneti, mentre il biancospino, il ciclamino e la rosa canina danno un suggestivo tocco di colore. Tipico è il fiammeggiante giglio di San Giovanni mentre rara è la Pulsatilla montana e la Stellaria bulbosa.

IL SANTUARIO DI OROPA

Il Santuario di Oropa è il più importante Santuario mariano delle Alpi.  Si colloca in uno scenario unico e incontaminato a 1200 m. di altezza, a breve distanza da Biella. Il complesso monumentale si sviluppa su tre piazzali a terrazza: cuore del Santuario è la Basilica Antica dove è custodita la Madonna Nera.

Tutti i maestosi edifici del santuario sono stati edificati nel corso dei secoli partendo dal suo cuore: il Sacello della Basilica Antica. Secondo la tradizione l’origine del Santuario è da collocarsi nel IV secolo, ad opera di S. Eusebio, primo vescovo di Vercelli. I primi documenti scritti che parlano di Oropa, risalenti all’inizio del XIII secolo, riportano l’esistenza delle primitive Chiese di Santa Maria e di San Bartolomeo, di carattere eremitico, che costituivano un punto di riferimento fondamentale per i viatores (viaggiatori) che transitavano da est verso la Valle d’Aosta.

Lo sviluppo del Santuario subì diverse trasformazioni nel tempo, fino a raggiungere le monumentali dimensioni odierne tramutandosi da luogo di passaggio a luogo di destinazione per i pellegrini animati da un forte spirito devozionale.

Il maestoso complesso è frutto dei disegni dei più grandi architetti sabaudi: Arduzzi, Gallo, Beltramo, Juvarra, Guarini, Galletti, Bonora hanno contribuito a progettare e a realizzare l’insieme degli edifici che si svilupparono tra la metà del XVII e del XVIII secolo.

Dal primitivo sacello all’imponente Basilica Superiore, consacrata nel 1960, lo sviluppo edilizio ed architettonico è stato grandioso. Il primo piazzale, su cui si affacciano ristoranti, bar e diversi negozi, è seguito dal chiostro della Basilica Antica, raggiungibile attraverso la scalinata monumentale e la Porta Regia.

Cuore spirituale del Santuario, la Basilica Antica è stata realizzata nel Seicento, in seguito al voto fatto dalla Città di Biella in occasione dell’epidemia di peste del 1599. Nel 1620, con il completamento della Chiesa, si tenne la prima delle solenni incoronazioni che ogni cento anni hanno scandito la storia del Santuario. La facciata, progettata dall’architetto Francesco Conti, semplice nell’eleganza delle venature verdastre della pietra d’Oropa, è nobilitata dal portale, più scuro, che riporta in alto lo stemma sabaudo del duca Carlo Emanuele II, sorretto da due angeli in pietra. Sull’architrave del portale si trova scolpita l’iscrizione “O quam beatus, o Beata, quem viderint oculi tui”, che dai primi decenni del sec. XVII è il saluto augurale che il pellegrino, raggiunta la meta, riceve varcando la soglia della Basilica.

 

IL MUSEO DEI TESORI

Testimone delle memorie storiche più preziose, il Museo dei Tesori conserva nelle sue quattro sale gli ori, i gioielli, i paramenti liturgici e i documenti che hanno scandito nei secoli la storia del Santuario.

Nelle prime due sale, insieme ai reperti archeologici risalenti al II secolo a.C. rinvenuti a Oropa, sono raccolte alcune delle più preziose testimonianze storico artistiche del Santuario: la pala eseguita dal pittore Bernardino Lanino (1522) raffigurante la Madonna in Trono col Bambino e quattro santi, dono votivo della città di Biella; i ritratti dei primi due miracolati oropensi riconosciuti con processo canonico, risalenti alla seconda metà del XVII secolo; alcuni dei più antichi dipinti votivi e documenti dell’ archivio storico, tra cui i “regi stabilimenti”; i disegni e i progetti degli architetti che legarono il loro nome a Oropa, tra cui Arduzzi, Gallo, Juvarra e Galletti.

Nella terza sala sono esposti alcuni dei capi più prestigiosi del guardaroba liturgico del Santuario: con la pianeta in velluto azzurro che secondo la tradizione è stata realizzata con il manto di Beato Amedeo IX duca di Savoia (1435-1472), ve ne sono altre in broccato e damasco che vanno dal secolo XVII al XIX donate dai sovrani sabaudi o da famiglie nobili.

Nella quarta sala, unitamente a corone, calici, ostensori e cuori votivi, sono presenti i gioielli che hanno adornato la statua in occasione delle incoronazioni centenarie che si sono susseguite a cominciare dal 1620: la tiara a due ordini, l’aureola di stelle, la pettorina, il nodo d’amore e il pendente realizzati in oro, diamanti e pietre preziose.

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PROGRAMMA VIAGGIO CULTURALE CON VISITA ALLE MINIERE D’ORO DELLA BESSA E AL SANTUARIO DI OROPA

PRESENTAZIONE VIAGGIO CULTURALE ALLA BESSA E A OROPA